Chiara Bosatta

La Beata Chiara  Bosatta nasce a Pianello Lario, in  provincia di Como,  nel 1858. Avverte una  forte spiritualità e,  dopo un’esperienza  come filatrice di seta,  sceglie di farsi  Canossiana. In  seguito si unisce alla  Pia Unione delle Figlie di Maria. L’incontro  con don Luigi  Guanella (che ne  diventa direttore  spirituale) si rivela fondamentale per la  sua formazione.

La Pia Unione diventa Congregazione, adottando il nome di Figlie di  Santa Maria della Provvidenza (Suore Guanelliane) e trovando in suor Chiara una delle  proprie colonne. Chiara Bosatta muore a Pianello il 20 aprile 1887.
È venerata con don Guanella, a Como, nel Santuario del Sacro Cuore.

 

LA STORIA DI CHIARA

Che cosa può aver fatto di grande una ragazza, debole, presto consunta dalla tisi; timida e introversa? La ricerca biografica su suor Chiara Bosatta mette in evidenza un lungo periodo piuttosto oscuro e quasi privo di notizie interessanti e personali; poi un breve periodo denso di cronaca minuta e di fervido impegno religioso: un immergersi nella preghiera e nella contemplazione, una ricerca appassionata di Dio.

Si mette al servizio dei poveri in una Congregazione appena nata; e per le ragazze orfane e abbandonate, giovani domestiche o filandiere, donne disabili e anziane, impegna la sua vita e la salute. 

Morì a 29 anni bruciata dal suo amore maturato alla mistica di Cristo e del povero. Non senza aver lasciato esempi di grande virtù, di semplicità e umanità. Si raccontò anche di miracoli ottenuti fra le sue bambine: miracoli semplici e poveri per povera gente; ma fatti di fede.

 Don Guanella ne scrisse e riscrisse la vita, scoprendo le ricchezze nascoste in un vaso di fragile creta, e ne svelò i segreti misteri compiuti dalla grazia di Dio in lei.

Una perla che è bello scoprire e conoscere: tra le tante meraviglie compiute da Dio fra gli uomini, un fiore di cielo sbocciato da un terreno roccioso e arido.

Tutta la vita di Chiara si colloca nella seconda metà dell’Ottocento lombardo, sull’alto lago di Como, e trascorse quasi tutta in quel piccolo lembo delle Tre Pievi.

Per narrare la storia dei primi venti anni bisogna immergersi un momento nella storia locale.  Erano tempi in cui era frequente restare orfani, come accadde a Chiara, a tre anni. Le case si svuotavano per emigrazioni di massa verso l’America; dove l’istruzione maschile era buona o sufficiente, ma chi era indigente  andava tra le miniere di Dongo già a cinque, sei anni. 

Per le femmine non c’era tempo, non c’era bisogno di studiare; a nove anni si andava al lavoro in filanda per 10, 12 anche 15 ore al giorno.

Chi superava la barriera dei primi cinque anni si vedeva davanti una prospettiva di una vita media di meno di trent’anni, tra sacrifici, povertà, lavoro. Eppure non mancava la gioia; soprattutto non mancava la voglia di spendere bene quei pochi spiccioli di vita, grati a Dio di poter lavorare e soffrire per un mondo che si stava movendo verso il rinnovamento, verso una nuova creazione.

La storia di Chiara è la storia comune, di tutti in quel tempo, in quei paesi. Ma ognuno porta un sigillo particolare, personale e Chiara ha pure il suo.

Chiara intende la vita come un dono dell’amore di Dio e in pochi anni, dalla adolescenza alla maturità, apprende ad amare vorrebbe esser tutta e solo di Dio: tutta la vita non basta per amarlo; ma capisce che il suo cuore deve dilatarsi all’amore dei fratelli e la sua vita si arricchisce di una storia minuta, piccola, ma bella e serena, tutta ben documentata e narrata da quei piccoli attori che si muovono su quella scena che si anima fra Pianello, Ardenno e Como.

La Passione di Cristo e dei poveri diventa anche la sua passione a livello di carismi altissimi e di sofferenze penose.

Ma sa portare tutto su d’un vassoio, luminoso come lo splendore del suo lago: è il suo sorriso che incanta; Chiara è come la genziana che manda a chiedere nelle sue lettere, la genziana dei suoi monti, bella come la luce, con le radici amarissime.

E’ la storia di Chiara. E attorno a lei: la sorella Marcellina Bosatta con i parroci don Coppini e don Guanella. Chiara stessa, discreta e decisa, la racconta attraverso le sue lettere e altri pochi scritti; di lei e con lei raccontano don Guanella e le decine di amiche ed allieve che hanno collaborato con Marcellina e Chiara a dare origine alla Congregazione delle Figlie di S. Maria della Provvidenza (P. Pellegrini ; “La storia di Chiara”, Introduzione, Nuove Frontiere Editrice, Roma 1991; pp. 7-9).

Il tema della Speranza in suor Chiara Bosatta

San Paolo, nella sua lettera ai Romani, afferma che la speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rm 5,5). Il grande mistico carmelitano san Giovanni della Croce invece, sottolinea che l’amore è il fine ultimo di tutto, e la speranza è strettamente legata all’amore.

La speranza è una virtù teologale  infusa da Dio nell’anima del credente. Essa rappresenta il desiderio e l’attesa fiduciosa della beatitudine eterna e delle promesse divine. La speranza non è solo un sentimento, ma un atteggiamento attivo che spinge a vivere in modo conforme alla volontà di Dio, con la certezza che le promesse divine si realizzeranno.

Il testo di Carlo Laudazi ocd, esplora il rapporto tra fede e speranza nella vita spirituale della beata Chiara, evidenziando come la speranza teologale abbia acceso in lei un intenso desiderio di contemplare il volto di Dio.

 

©Foto originale di suor Chiara Bosatta

Il dinamismo teologale della Speranza in suor Chiara

a cura di Carlo Laudazi odc

Il quadro teologico-spirituale sul rapporto tra fede e speranza è importante per illuminare il senso esperienziale dell’esercizio della virtù teologale della speranza da parte della beata Bosatta. In lei, infatti, il dinamismo teologale della speranza è stato talmente avvolgente e coinvolgente da accenderle la brama di giungere al più presto possibile alla piena contemplazione del volto di Dio. Mi sembra che sia proprio il vivo desiderio d’incontrare Dio senza il velo della fede, la chiave per cogliere l’aspetto mistico della sua esperienza spirituale. Ma occorre precisare: perché la speranza accenda il desiderio e la brama ardente di possedere Dio senza il velo della fede, bisogna che il credente abbia viva consapevolezza della presenza di Dio come amante in lui e ne faccia esperienza.

Tutto questo è constatabile molto chiaramente in suor Chiara. La conferma viene da quanto Luigi Guanella scrive e depone e dagli scritti della stessa Beata. Una prima testimonianza la troviamo in Un fiore di virtù In un passo di questo scritto, Luigi Guanella riporta la comunicazione ricevuta da Chiara, dalla quale appare evidente la sua consapevolezza circa la reale dimora di Dio in lei. Da ciò che il Guanella scrive, spicca l’intensità e la profondità particolare dell’intima unione tra Dio e suor Chiara; l’intimità dell’unione è tale che il Signore la mette a parte dei suoi segreti:

«Il mio segreto è il segreto del gran Re. Il Signore mi ha confidato il segreto del cuor suo; io lo intendo e ne sono profondamente raumiliata: chi sono io da meritarmi che il mio Signore mi confidi dei segreti del cuor suo? Un poco di sacrificio e di penitenza sono un qualche tesoro per l’anima. Ma è tesoro che punto io non merito. Ho invocato e Dio mi ha esaudita (cfr. Sal 138,3). Sono creatura sì misera e Dio è tanto grande! Son peccatrice creatura e il Signore è la santità per essenza, ed io mi devo accostare a lui per santità […]. Sono depositaria del segreto di Dio: tanto mi preme custodirlo come mi cale di non perder frammenti del Corpo di Gesù Cristo».

La dichiarazione di don Luigi fa conoscere che la relazione di suor Chiara con il Signore è di una tale intimità da essere eletta dal Signore come depositaria dei segreti del suo cuore. Dicevo che basterebbe questa informazione per renderci conto della consapevolezza da parte di suor Chiara della presenza di Dio amante in lei e dell’intima relazione tra i due. Dalle lettere della Beata a don Guanella troviamo diverse affermazioni che dimostrano la consapevolezza della presenza di Dio in lei, anzi confermano la profonda unione tra lei e Dio. Qui riportiamo un brano della lettera 11 maggio 1886 (43), in cui Chiara afferma che la sua esperienza dell’intima unione con Dio è talmente forte da non riuscire a trattenere i trasporti di amore e la tenerezza ineffabile di Dio:

«Il mio cuore pareva essere in un purgatorio e alcune volte, trovandosi alquanto sollevato, provò delle gioie e delle consolazioni tanto vive che io non poteva contenermi, ma solo per pochi momenti. Sabato fu il giorno in cui mi trovai libera, e sentii tale contentezza e tali trasporti di amore e di tenerezza così ineffabili, che mi è impossibile esprimere […]. In sulla sera poi, trovandomi insieme alle consorelle ed orfanelle, mi si fecero sentire di nuovo. Per un po’ resistetti a soffocar tutto, ma poi mi dovetti proprio ritirare sola in cappella per sfogarmi e dare libertà al cuore di sentire e soffrire ciò che è di solito».

In un’altra lettera, e precisamente in quella del 9 giugno 1886, scritta al Guanella da Como, l’autrice comunica al suo superiore e padre spirituale quanto segue:

«Passo alle volte dei momenti anche di gioia e di contenuto indicibile, nei quali mi sento come strappare il cuore dal petto, e non posso dire altro al Cuore sacratissimo di Gesù che di trapassare il mio, che m’infiammi e mi consumi tutta del suo santo divino amore».

(…) Il dinamismo della virtù teologale della speranza quindi accende nel credente un intenso desiderio del possesso, anzi la brama di incontrare e di possedere direttamente Colui dal quale è amato e che ama, perché essa ha origine, come abbiamo visto, dall’amore che è stato riversato in noi mediante lo Spirito Santo che ci è stato donato (Rm 5,5). 

Lo scritto di don Guanella

 Dopo la morte di suor Chiara, don Guanella scrisse di getto su un semplice foglio le seguenti parole:

“Suor Chiara Bosatta nacque in Pianello Lario nel 1858 e ivi passò al Cielo nel 1887.
Percorse generosa il cammino della perfezione cristiana, nella pratica dell’innocenza e della penitenza insieme.
Fu perfettamente fondata nell’umiltà, nell’umiltà vera, compenetrata da grande amore a Nostro Signore e da fiducia nella bontà di Lui.
Iddio la condusse per le vie delle anime forti, via aspra e per sé pericolosa, ma la guidò così che non ponesse piede in fallo ed ella non cadeva, perché si arrendeva con assoluta docilità alla mano che la guidava.”